
L’assessore di collegio Kovalèv si svegliò abbastanza presto e con le labbra fece «Brr…», cosa che faceva sempre quando si destava, sebbene nemmeno lui sapesse spiegare perché. Kovalèv si stirò, ordinò di dargli un piccolo specchio che stava sul tavolo. Voleva guardare un foruncoletto che la sera prima gli era spuntato sul naso; ma, con suo sommo stupore, vide che al posto del naso aveva uno spazio perfettamente liscio! Spaventatosi, Kovalèv ordinò di portargli dell’acqua e si fregò gli occhi con l’asciugamano: proprio così, niente naso! Cominciò a tastare con la mano per vedere se non stesse ancora dormendo. No, a quanto pareva, non dormiva. L’assessore di collegio Kovalèv saltò giù dal letto, si diede uno scrollone: niente naso!… Ordinò subito di portargli i vestiti e volò direttamente dal capo della polizia.
Ma nel frattempo è indispensabile dire qualcosa di Kovalèv affinchè il lettore possa vedere che tipo era quest’assessore di collegio. Gli assessori di collegio che ricevono questo titolo grazie ad attestati di studio non si possono assolutamente paragonare a quegli assessori di collegio che un tempo provenivano dal Caucaso. Sono due generi completamente diversi. Gli assessori di collegio che hanno studiato… Ma la Russia è una terra così curiosa, che se parli d’un certo assessore di collegio, tutti gli assessori di collegio, da Riga alla Kamèatka, immancabilmente pensano si parli di loro. E lo stesso vale per tutti i titoli e gradi. Kovalèv era un assessore di collegio del Caucaso. Soltanto da due anni aveva questo titolo e perciò non se lo dimenticava mai; e, per darsi più nobiltà e più peso, non si definiva mai assessore di collegio, bensì sempre maggiore.
«Senti, colombella,» diceva solitamente incontrando per strada una donnetta che vendeva sparati per camicie, «vieni a casa mia; il mio appartamento è sulla Sadòvaja; domanda soltanto: Abita qui il maggiore Kovalèv? e chiunque te lo saprà indicare.»
Se poi ne incontrava una graziosa, oltre a questo le dava un ordine segreto, aggiungendo:
«Devi chiedere, animuccia, dell’appartamento del maggiore Kovalèv.»
Quindi anche noi d’ora in avanti chiameremo maggiore quest’assessore di collegio.
Il maggiore Kovalèv aveva l’abitudine di andare ogni giorno a passeggio sulla Prospettiva Nevskij. Il colletto della sua camicia era sempre straordinariamente pulito e inamidato. I suoi basettoni erano di quel tipo che ancor oggi si può vedere fra gli agrimensori provinciali e distrettuali, gli architetti e i medici di reggimento, nonchè fra coloro che svolgono varie mansioni di polizia e, in genere, fra tutti quegli uomini che hanno guance piene e rubizze e giocano molto bene a boston: sono basettoni che attraversano una buona metà della guancia e arrivano fin sotto il naso. Il maggiore Kovalèv portava una quantità di ciondoli di corniola, sia con stemmi, sia con parole incise come: mercoledì, giovedì, lunedì e così via. Egli era venuto a Pietroburgo con uno scopo, e precisamente quello di cercare un posto conveniente al suo grado: se possibile, di vice governatore; altrimenti di cancelliere in qualche ministero importante. Il maggiore Kovalèv non era neppure alieno dall’ammogliarsi, ma solamente nel caso che la sposa avesse almeno duecentomila rubli di dote. Adesso, dunque, il lettore può giudicare da sè quale fosse lo stato d’animo del nostro maggiore quando vide uno stupidissimo spazio, piatto e liscio, al posto d’un degno e ben proporzionato naso.
Come per disdetta, per la strada non si vedeva un solo vetturino ed egli dovette andare a piedi avvolgendosi nel suo mantello e nascondendo con un fazzoletto la faccia così da far credere che stava perdendo sangue dal naso.
«Ma forse è soltanto una mia impressione: non può essere che il naso sia sparito così stupidamente,» pensò ed entrò in una pasticceria apposta per guardarsi in uno specchio. Per fortuna, nella pasticceria non c’era nessuno: dei garzoni scopavano le sale e sistemavano le sedie; alcuni, con gli occhi assonnati, disponevano nei vassoi dei pasticcini caldi; sui tavolini e sulle sedie c’erano ancora i giornali del giorno prima, sporchi di caffè.
«Be’, grazie a Dio, non c’è nessuno,» si disse Kovalèv, «adesso posso darmi un’occhiata.»
Si avvicinò timidamente a uno specchio e guardò.
«Al diavolo, che razza di porcheria!» esclamò e sputò in terra. «Ci fosse almeno qualcosa al posto del naso, macchè! niente!…»
Si morse le labbra con dispetto, uscì dalla pasticceria e, contrariamente alle sue abitudini, decise di non guardare nessuno e di non sorridere a nessuno. Tutt’a un tratto si fermò come inchiodato accanto al portone di una casa; sotto i suoi occhi si verificava un fenomeno inspiegabile. Davanti all’ingresso si era fermata una carrozza: gli sportelli si aprirono; piegandosi, ne balzò fuori un uomo in uniforme e corse su per la scala. Quale non furono lo spavento e nello stesso tempo lo stupore di Kovalèv quando in lui riconobbe il proprio naso! Davanti a questo spettacolo insolito, così almeno gli parve, la sua vista si annebbiò; sentiva che poteva appena reggersi in piedi, ma decise di aspettare a qualunque costo il ritorno del naso nella carrozza, sebbene tremasse tutto come in preda al delirio. Due minuti dopo, effettivamente, il naso uscì. Indossava un’uniforme ricamata in oro, con un grande colletto rigido; aveva pantaloni scamosciati e la spada al fianco. Dal cappello con le piume si poteva dedurre che si considerava in possesso del grado di consigliere di stato. Guardò da entrambe le parti, gridò al cocchiere «andiamo!» salì in carrozza e partì.
Il povero Kovalèv per poco non uscì di senno. Non sapeva nemmeno che cosa pensare di un fatto così strano. Com’era possibile, in realtà, che il naso che sino al giorno prima era sulla sua faccia, che non poteva nè camminare nè andare in carrozza, adesso fosse persino in uniforme?
Note sull’autore
Nikolaj V. Gogol’ è uno scrittore e drammaturgo che si annovera di diritto tra i più influenti del secolo diciannovesimo. Assieme a Dostoesvkij, Tolstoj e Puškin si considera il pilastro della letteratura russa per la profondità contenutistica e il grande pathos che sa creare ed anticipare nelle sue opere. Celebre ed incompiuto è il suo romanzo Le anime morte, nel quale si indagano, non senza note sarcastiche e pungenti, le contraddizioni e la corruzione dell’animo umano. Originariamente concepito in versi, fu poi oggetto di continua rielaborazione da parte dell’autore fino alla sua morte.
Per quanto riguarda Il naso, esso fa parte dei Racconti di Pietroburgo, pubblicati nel 1842.
Come si legge, l’assessore collegiale Kovalév, una mattina, si sveglia e improvvisamente si rende conto di non avere il naso al suo posto. Il racconto si sviluppa in un climax di surrealismo e intelligente satira politica: il protagonista si sente in difetto, perché, a suo dire, manca un elemento fondamentale che rende armonico il viso di una persona.
E questo sentirsi in difetto si ripercuote sulle relazioni sociali, ecco perché Kovalév ricorrerà ad ogni mezzo in suo possesso per riavere il naso. La sua reputazione è in crisi, nessuno lo prenderebbe sul serio.
Da Il naso, il compositore russo Šostakovič ha tratto l’omonima opera lirica nel 1928.
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